Il corretto trattamento del riaddebito spese ai fini iva.

Il corretto trattamento del riaddebito spese ai fini iva.

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La natura del riaddebito.

  • Con la R.M. n.6/E del 11/2/1998 l’Amministrazione Finanziaria ha ribadito che, da un punto di vista civilistico, il rapporto intercorrente tra il soggetto attivo e quello passivo del riaddebito deve qualificarsi come mandato senza rappresentanza, mentre, ai fini Iva, l’operazione viene inquadrata nella fattispecie prevista all’art.3, terzo comma, DPR n.633/72, secondo cui le prestazioni rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario.
  • Il Codice Civile, all’art.1703, definisce il mandato come il contratto con il quale una parte, il mandatario, si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra, mandante, e prevede due figure tipiche:
  • il mandato con rappresentanza, all’art.1704, in forza del quale il mandatario agisce in nome e per conto del mandante;
  • il mandato senza rappresentanza, all’art. 1705, in cui il mandatario agisce in nome proprio e per conto del mandante.

La successiva R.M. n.13/E del 18/2/1998, nel ribadire che il riaddebito costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi, ha altresì chiarito che mantiene la stessa natura intrinseca dell’operazione ricevuta dal mandatario e successivamente ribaltata al mandante.

La natura dell’operazione di riaddebito, infatti, si può interpretare in due modi:

  1. come corrispettivo di un’obbligazione di fare, e quindi come prestazione di servizi generica, soggetta autonomamente a Iva e svincolata dalla natura della prestazione ricevuta dal mandatario;
  2. ovvero si può ritenere che i servizi resi dal mandatario senza rappresentanza al proprio mandante siano della medesima tipologia di quelli ricevuti.

L’Amministrazione   Finanziaria,   con   le   pronunce   in   oggetto,   ha   condiviso   quest’ultima interpretazione, che consente così di ritenere applicabile al riaddebito le medesime caratteristiche oggettive dell’operazione principale e, quindi, il regime di tassazione, con l’applicazione della stessa aliquota, ovvero quello di esenzione.

Pertanto

se, ad esempio, il servizio è esente (ai sensi dell’art.10, DPR n.633/72) parimenti esenti saranno i relativi riaddebiti;

 

se il servizio è soggetto all’aliquota ordinaria (attualmente pari al 22%) al riaddebito dovrà essere applicata la medesima

 

se  il  servizio  è  soggetto  ad  un’aliquota agevolata la medesima aliquota dovrà essere utilizzata ai fini del riaddebito.

 

Rimborso di spese per servizi con Iva parzialmente indetraibile

Con la circolare n.58/E del 18/6/2001 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il trattamento fiscale ai fini Iva nell’ipotesi di servizi con Iva parzialmente detraibile, quali il sub-noleggio e il sub-leasing di automezzi, dettando una regola che può essere applicata anche ad altre operazioni (ad esempio, il riaddebito di spese telefoniche radiomobili).

Si ricorda che per effetto delle modifiche apportate all’art.19-bis1 del decreto Iva, ad opera della Finanziaria 2008, la telefonia mobile dal 1/1/2008 non rappresenta più un’ipotesi di indetraibilità oggettiva bensì una situazione che sotto il profilo della detrazione deve essere valutata secondo il tradizionale criterio di inerenza. L’inerenza all’attività imprenditoriale o professionale, tuttavia, proprio per la natura intrinseca del bene (telefono cellulare) che indubitabilmente si presta anche ad un uso privato, salvo rari casi può essere considerata “totale”. Di norma, quindi, per l’acquisto e l’utilizzo del telefono cellulare, la percentuale di detrazione normalmente utilizzata è quella del 50%.

Nel caso di contratti di telefonia mobile stipulati da una società in nome proprio e per contro di altri soggetti (prassi assai diffusa nelle ipotesi di contratti stipulati da un gruppo societario) e riaddebitate alle singole imprese sulla base dei costi direttamente imputabili, sorgono problemi relativamente alla corretta imposizione ai fini Iva.

La risoluzione n.10/E del 28/1/2005 ha ribadito come “la C.M. 18 giugno 2001, n.58/E, seppure con riferimento ad una fattispecie di cessione di beni, ha affermato il principio che, nelle ipotesi in cui è prevista una parziale oggettiva indetraibilità, l’intervento di intermediari “non può determinare un aggravio dell’imposta” dovuto alla circostanza che l’Iva indetraibile concorre, come componente di costo, alla determinazione della base imponibile del successivo trasferimento, “in base al principio di neutralità dell’Iva che deve essere garantito a prescindere dal numero di passaggi in cui si articola il processo di distribuzione”.

Sulla base di questa considerazione premessa la risoluzione citata, con riferimento al caso di spese di telefonia mobile sostenute da un consorzio e riaddebitate ai consorziati, ha precisato che al fine di evitare effetti cumulativi nella tassazione in contrasto con i principi informatori del tributo, il mandatario non deve sopportare l’onere della indetraibilità sull’acquisto dei servizi di telefonia mobile, ma sia legittimo il trasferimento esclusivamente in capo al mandante dei limiti posti dall’art.19-bis1, lett. g), del DPR n.633/72 (oggi non più tali sotto il profilo formale ma riconducibili, secondo inerenza, alla medesima percentuale del 50%).

 

Di conseguenza l’Agenzia Entrate ritiene legittimo il seguente comportamento:
•    detrazione per intero dell’Iva relativa ai servizi di telefonia mobile acquistati per conto dei consorziati;
•    riaddebito alle imprese mandanti del costo originario sostenuto, con lo stesso regime Iva
applicato dal fornitore.
•    limitazione alla detrazione al 50% solo da parte delle imprese mandanti
Risoluzione 28 gennaio 2005 n.° 10/E.

 

Riaddebito del costo del personale sostenuto.

Nel caso di specie occorre far riferimento al distacco.

I prestiti o i distacchi di personale dipendente (come vedremo, non necessariamente di poche unità) ricadono nell’esclusione dal computo della base imponibile I.V.A., ai sensi dell’art.15, comma 1, n.3 del DPR 633/72, purché l’impresa beneficiaria ne corrisponda il solo costo di tale utilizzazione, vale a dire la retribuzione, gli oneri fiscali e previdenziali, nonché le spese sostenute dai dipendenti.

La norma in questione, infatti, stabilisce che non concorrono a formare la base imponibile le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate.

E’ pacifico che per “regolarmente documentate” devono intendersi quelle risultanti da documenti intestati al committente del servizio al quale vengono poi rimessi per il conseguente rimborso dal prestatore del servizio stesso.

Condizione necessaria affinché si configuri l’istituto dell’anticipazione di somme in nome e per conto di altro soggetto, occorre che colui che sopporta materialmente la spesa agisca “in nome e per conto” e quindi in sostituzione del committente che originariamente vi sarebbe tenuto, il quale provvederà successivamente al rimborso.

Il legislatore, in ogni modo, è già intervenuto a dirimere la questione, con l’art.8, comma 35 della Legge 11.03.1988, n.67, pubblicata sulla G.U.R.I. n. 61 del 14.3.1988, affermando che il rimborso del solo costo del prestito o distacco di personale dipendente non rileva ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

E’ pur vero che a poca distanza dalla nascita del decreto I.V.A., l’Amministrazione Finanziaria si era già pronunciata in merito con la Ris. Min. n.502712 del 5.7.1973, dove si affermava un principio importante: le somme pagate dalla società utilizzatrice del personale prestato, rappresentano un mero rimborso delle spese di lavoro subordinato sostenute dalla società che ha prestato lo stesso poiché non sono poste in essere “verso corrispettivo” e pertanto fuori dall’ambito dell’art.3 del DPR 633/72 (in tal senso anche Ris. Min. 30.1.1974, n.500091 e Ris. Min. 6.2.1974, n.505366). Si tenga presente che nella locuzione “spese di lavoro subordinato” rientrano oltre alla retribuzione anche gli oneri previdenziali ed assistenziali. La risoluzione di cui sopra faceva riferimento a distacchi tra società collegate e pertanto limitava la portata della stessa. Infatti, la stessa Amministrazione, nemmeno a distanza di un anno, con la Ris. Min. n.500160 del 19.02.1974, nel ribadire la linea interpretativa della precedente, ne ampliava il contenuto estendendolo ai casi in cui tra le parti dell’operazione non esistesse alcun collegamento di natura organica o finanziaria.

Qualora, invece, le spese del costo del lavoro dipendente siano maggiorate, a qualunque titolo, ne consegue che l’intero importo è rilevante ai fini I.V.A., ai sensi del disposto congiunto degli artt.1 e 3 del DPR 633/72.

Questa interpretazione del dicastero di Viale Europa, delineata con la Ris. Min. 411847 del 20.03.1981 appare chiara: se oltre al solo costo complessivo del lavoro si aggiunge una qualsiasi maggiorazione, allora l’operazione è da intendere totalmente prestazione di servizio verso corrispettivo e come tale soggetta ad I.V.A.

Da ultimo, con la Ris. Min. n.152 del 5.6.1995, ripresa nella recente risoluzione n.346/2002, si aggiunge un ulteriore tassello che dirada dubbi e perplessità: ai fini della disciplina agevolativa, cioè l’esclusione dalla base imponibile I.V.A. del solo costo del personale prestato e/o distaccato, è condizione necessaria che lo stesso sia legato da rapporto di lavoro dipendente con il soggetto che lo ha temporaneamente distaccato. In assenza di questo fondamentale requisito, le somme corrisposte sono soggette ad I.V.A., ex. art.3 DPR 633/72, dovendosi ritenere esistente il requisito della corrispettività anche se l’importo pagato è pari al solo costo del personale distaccato.

Di quanto è stato precedentemente illustrato ne è stata investita anche la Suprema Corte di Cassazione con la Sen. N. 1788 del 6.3.1996, la quale nel ribadire l’orientamento delle precedenti risoluzioni ministeriali, vale a dire l’esclusione Iva del rimborso del solo costo del lavoro dipendente, ha ulteriormente sancito che la nozione di prestito di personale non è limitata al caso del distacco di poche unità.

Ma, invero, non sono pochi i procedimenti pendenti presso le Commissioni Tributarie che hanno per oggetto questo aspetto; e non poche sono le decisioni assunte dai collegi giudicanti che hanno dato una diversa interpretazione rispetto all’orientamento ministeriale. Valga per tutte la Decisione della Commissione Tributaria Centrale – sez. XV – n.13 del 4.1.1996, nella quale si afferma che al fine di escludere che il cosiddetto prestito di mano d’opera abbia dato luogo ad operazioni imponibili, occorre confrontare il costo realmente rimborsato e la spesa sostenuta per il personale impiegato, indipendentemente dalle tariffe in vigore in una determinata provincia a nulla rilevando lievi maggiorazioni del costo sostenuto, dovute ad oneri indiretti, quali aumenti di contingenza, rivalutazioni delle indennità di fine rapporto e simili.

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